Come si vende una bottiglia di Château Lafite 1787 falsa?

Come si vende una bottiglia di Château Lafite 1787 falsa?

Partiamo subito con capire meglio a che bottiglia ci riferiamo.

Come detto nell’articolo su Château Lafite-Rothschild, Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti d’America, era un super appassionato di vino specialmente di quelli di Bordeaux. Nel suo periodo di mandato diplomatico in Francia visitò numerose tenute e acquistò molte bottiglie di vino, cosa che continuò a fare anche al suo ritorno in America.

Il collezionista e appassionato tedesco Hardy Rodenstock, fu chiamato da un amico che stava ristrutturando un’antica casa a Parigi, che pare appartenesse proprio a Thomas Jefferson, dove dietro ad un muro furono ritrovate molte antiche bottiglie di famose cantine, tra queste Romanée-Conti, Château d’Yquem e Château Lafite e su tutte c’era incisa sul vetro la sigla Th.J. Rodenstock acquistò il lotto dall’amico, pare, per 2000 dollari, lotto che non è mai stato reso noto quante bottiglie raggruppasse.

Da qui per Rodenstock partì una vera e propria scalata, infatti divenne uno dei più apprezzati appassionati, collezionisti, degustatori, venditori ed esperti del settore, specializzato nei vini pre-rivoluzione francese, organizzando degustazione come la “Jefferson Bottles” ovvero una selezione di vini appartenuta proprio a Thomas Jefferson.

In un’altra degustazione, per esempio, apri un Lafite del 1811, annata famosa per il passaggio della cometa Honoré Flaugergues che rimase visibile nel cielo per ben 9 mesi. Annata importante anche per una famosa Maison di Champagne, di cui abbiamo parlato qui.

Per rendere l’idea di quanto fosse diventato una figura di rilievo nel settore, la rivista tedesca “Alles Uber Wein” dedicata al vino, appena nata nel 1981, chiese a Rodenstock di scrivere degli articoli per il giornale, e di lui Robert Parker, critico esperto e grande conoscitore del mondo del vino, disse “quando parlava di vini del ’47 o del ’52 dovevo farmi specificare il secolo”, tanto sembrava avere talento nello scovare bottiglie introvabili.

Proprio in una di queste serate di degustazione, il battitore d’aste di Christie’s, Michael Broadbent convinse Rodenstock a mettere all’asta una bottiglia di Château Lafite 1787.

Broadbent fece certificare che il vetro di cui era fatta la bottiglia era originale del XVIII secolo, e un esperto di incisioni dichiarò che la tecnica era quella tipica dell’epoca, cosa fondamentale per la bottiglia che non aveva etichetta ma solo inciso l’anno, il nome della cantina Lafite e la sigla Th.J. L’unico dubbio fu sollevato dalla Fondazione Jefferson della Virginia, che interpellata proprio dal battitore di Christie’s, non garantì che quelle bottiglie fossero appartenute a Thomas Jefferson.

La fatidica asta si fece il 5 dicembre 1985, a cui parteciparono molti collezionisti, ma a battagliare per la bottiglia di Château Lafite 1787 furono due volti estremamente noti.

Da una parte Christopher “Kip” Forbes, figlio di Malcom Forbes fondatore e proprietario dell’omonima rivista, che era stato incaricato proprio dal padre di riportare in America quella bottiglia. Dall’altra Marvin Shanken, proprietario della rivista Wine Spectator nata nel 1976 e diventata una delle più note del settore. Si aggiudicò quella bottiglia Kip Forbes per ben 105mila sterline al cambio dell’epoca 156mila dollari. Bottiglia che per molto sarà la più costosa mai venduta.

Nel 1988 il miliardario Bill Koch acquistò per un milione di dollari 4 bottiglie appartenute a Thomas Jefferson, tra quelle vendute all’asta il 5 dicembre 1985, tra cui proprio quella aggiudicata ai Forbes.

Una volta messe in cantina, Koch diede incarico ai sui legali di verificarne la provenienza e l’autenticità allo scopo di aumentare il valore della collezione.

L’unico documento era quello firmato da Broadbent, gli avvocati chiesero un parere alla Thomas Jefferson Foundation di Monticello, Charlottesville, Virginia, che rispose ancora una volta che per loro le bottiglie non erano mai appartenute al presidente. Aggiungendo che Jefferson era solito firmare con la sigla divisa da due punti (Th:J) e non uno solo (Th.J) come era su quelle bottiglie.

Koch si affidò a investigatori di alto profilo, un ex agente dell’FBI e altri dell’Inteligence britannica, i quali scoprirono che Hardy Rodenstock era un nome falso, e il suo vero nome era Meinhard Görke. Analizzando meglio tutte le trattative e vendite di Rodenstock furono molte le “irregolarità”, come ad esempio la vendita di un magnum di Petrus 1921, che fu dichiarata palesemente falsa dal capo cantiniere dell’azienda stessa, perché nel 1921 nessuna magnum di Petrus fu mai prodotta.

Il proprietario di una casa dove aveva abitato Rodenstock in affitto disse che quando se ne era andato scoprì nella cantina del palazzo molte vecchie bottiglie vuote e un cassetto pieno di etichette stampate di fresco, etichette di vini antichi, disse. Quando a Rodenstock fu chiesto delle etichette nuove di vini di 2 secoli prima la risposta fu che le aveva stampate perché quelle originali erano cosi belle che voleva averne di nuove. Bah!!!

Secondo altri esperti, consigliati dall’FBI, le incisioni non erano state fatte da uno strumento del XVIII secolo ma molto probabilmente da un moderno trapano da dentista o da una penna elettrica per vetro, le pareti delle incisioni, secondo loro, erano troppo regolari e lisce per essere state fatte 200anni prima con un incisore a pedale. Questo smentiva non solo Rodenstock ma anche quello affermato dal battitore di Christie’s Broadbent.

Con questa serie di indizi nel 2006 Koch fece causa a Rodenstock presso il tribunale federale di New York.

Rodenstock ricusò la corte federale, dicendo che lui era cittadino tedesco e doveva essere giudicato da una corte della Germania. Nel 2008 la corte federale dichiarò di non avere competenza per il caso in questione. Hardy Rodenstock è morto nel 2018 a 77 anni senza mai essere stato condannato e continuando a commerciare in vini pregiati.

Micheal Broadbent, il battitore d’aste di Christie’s, è morto nel 2020 a 93 anni, anche lui ha continuato la sua attività di critico di vino ed ha fatto causa alla casa editrice Random House dopo la pubblicazione del libro “The Billionaire’s Vinegar” di Benjamin Wallace, che parla proprio di questa vicenda.

Il miliardario Bill Koch fece fare delle verifiche da degli esperti di Sotheby’s su un campione delle sue bottiglie, su 3000 bottiglie ne trovarono 130 evidentemente false. Furono verificate anche due magnum di Lafleur 1947, saltate all’occhio perché fino al 1998 erano state messe in vendita all’asta ben 19 magnum nonostante ne fossero state prodotte solo 5. Nel 2014 ha vinto una causa contro un Rudy Kurniawan, di cui abbiamo parlato qui nello scorso articolo di Curios..iuain. Koch continua a fare il miliardario e a battersi per combattere la contraffazione nel mondo dei vini di lusso, fino ad ora la cifra spesa per indagini e cause legale si aggira intorno ai 25 milioni di dollari.

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